Il bitcoin e i suoi consumi
Quantificare il consumo elettrico per la produzione dei bitcoin non è un’operazione semplice. Tuttavia, una recente stima parla di qualcosa come 80 Terawatt/h di elettricità (fonte: Statista). Questo numero così ci dice poco, ma per fare un esempio più concreto:
“il solo network di Bitcoin consuma in un anno lo stesso consumo di energia di una nazione come il Cile.”
Invece, l’impronta ecologica di Bitcoin, misurata in emissioni di CO2, sfiora i 37 Milioni di Tonnellate di CO2 all’anno (dati di Digiconomist). “Si parla di un impatto ambientale di una nazione come la Nuova Zelanda.”
Ultimamente, però, stiamo assistendo a un ribilanciamento delle fonti di energia verso quelle rinnovabili, infatti molte mining farm, soprattutto negli Stati Uniti, tendono a stabilirsi vicino alle fonti energetiche più economiche, come le centrali idroelettriche. Se però è vero che da un lato queste centrali sono sostenute dall’uso di energia rinnovabile, dall’altro, tolgono questa energia alle comunità locali, creando contrasti con le Autorità. In Cina, dove invece l’inquinamento delle fabbriche di mining è addirittura maggiore, il governo Federale ha vietato completamente le attività di mining, perché troppo inquinante per l’ambiente.
Tuttavia, vanno considerati diversi aspetti. Le criptovalute come bitcoin offrono dei vantaggi enormi rispetto alla finanza tradizionale, in termini di velocità, costi e sicurezza. In secondo luogo, bisogna sempre comparare questi numeri con quelli relativi al nostro sistema bancario, che di certo non è gratis: consuma infatti anch’esso tanta energia per funzionare.
Insomma, la questione è ancora aperta, ma considerando come questo aspetto viene affrontato, credo che la situazione tenderà sicuramente a migliorare in un futuro molto prossimo.
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