Al giorno d’oggi la progettazione e diffusione di spyware è una fiorente attività economica e in forte espansione. Questo è dovuto all’adozione di massa degli smartphone e allo smartworking che sta ormai spopolando.
Ma per cominciare, cosa è uno spyware? Semplice, è un piccolo file o software che una volta eseguito carpisce varie informazioni dal computer o smartphone del malcapitato e le invia al suo creatore. Questo file in genere viene eseguito involontariamente dall’utente, che lo scambia per una app sicura.

Da pochi giorni Google ha accusato una società, la Rcs Lab, che fornisce soluzioni tecnologiche professionali a servizi di sicurezza per la sorveglianza delle comunicazioni (anche per le forze dell’ordine) di aver sviluppato diverse tipologie di malware malevoli, app e programmi per registrare e trasmettere dati e attività online dei singoli a terzi, generalmente a scopo pubblicitario ma anche per altre pratiche illecite.
Diffondendo il proprio tool, Rcs Lab, comprometterebbe l’utilizzo degli smartphone, così da fornire successivamente ai propri clienti l’accesso diretto ai dispositivi colpiti senza il consenso né la consapevolezza alcuna delle vittime.

Come vengono “bucati” i sistemi

La fuga delle informazioni, secondo quanto viene riportato dal report di Google, avviene grazie all’invio all’utente di un messaggio (anche in piattaforme riconoscibili come WhatsApp, attraverso iconcina), come fosse partito da un amico oppure da una azienda alla quali per qualche motivo è abbonato o affiliato. L’apertura del link sospetto, nei device Android, porta all’installazione di un file .APK che avviene senza la necessità di certificati speciali. Una volta che l’utente ne conferma l’attendibilità a sua insaputa, il sistema da solo può fare ben poco per respingerla. Analogamente lo spyware colpisce anche gli Apple. L’app malevola così, sfrutta successivamente diversi modi per carpire informazioni dagli smartphone, con particolare attenzione ai processi. Secondo documenti trapelati da Wikileaks nel 2015, Rcs Lab aveva in tal modo fornito i suoi servizi anche alle agenzie militari e di intelligence di Pakistan, Cile, Mongolia, Bangladesh, Vietnam, Myanmar e Turkmenistan.

La risposta di Google


Dopo aver descritto il problema, si legge nel documento, Google ha avvertito gli utenti che apporterà presto delle modifiche a Google Play Protect, sistema che generalmente permette di controllare la presenza di comportamenti anomali e nocivi nelle app installate nei vari dispositivi, eseguendo test e controlli sulla sicurezza dei device.

 

Si chiama “Lumi”, neve in finlandese, il nuovo supercomputer più veloce d’Europa (terzo nel mondo) e il più efficiente dal punto di vista energetico. Sviluppato dal consorzio di imprese EuroHPC guidato dalla Finlandia, il progetto ha coinvolto in totale dieci Paesi europei (Finlandia, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Islanda, Norvegia, Polonia, Svezia e Svizzera). Lumi verrà presentato alle 14 il 13 Giugno 2022 dalla sua location, la città finlandese di Kajaani.

Il supercomputer avrà un picco di prestazioni di 550 petaflop (550 milioni di miliardi di calcoli al secondo) pur essendo completamente alimentato da energia rinnovabile. I suoi sistemi di raffreddamento sono naturali e il computer fornirà circa il 20% del calore necessario a riscaldare la cittadina di 36.500 abitanti, riducendone l’impronta ecologica.

 

“La giornata di oggi segna un passo importante per la trasformazione digitale e verde dell’Europa: LUMI è ora il supercomputer più veloce ed efficiente dal punto di vista energetico in Europa e uno dei più potenti al mondo”, ha detto Margrethe Vestager, vicepresidente esecutivo per un’Europa adatta all’era digitale.

“Grazie alla sua enorme capacità di calcolo, consentirà di compiere progressi scientifici, ad esempio nella medicina e nella ricerca sul clima, a un ritmo molto più rapido. Potrebbe riguardare lo sviluppo di vaccini, la diagnosi del cancro o la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico: questo è un grande esempio dell’enorme potenziale dell’intelligenza artificiale per migliorare le nostre vite”.

LUMI è il primo dei supercomputer pre-esascala dell’impresa comune EuroHPC ad essere lanciato.


Lumi – ha annunciato la Commissione europea – sarà accessibile agli utenti europei da settembre 2022 e contribuirà ad accelerare la creazione di nuove conoscenze e soluzioni di intelligenza artificiale. Tra i tre supercomputer in fase di sviluppo in Europa per c’è anche il progetto Leonardo in Italia.

Fonte: Rainews 24

Twitter non è nuova a problemi con la privacy dei suoi utenti. La FTC (Federal Trade Commission) e il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti hanno inflitto a Twitter una sanzione di 150 milioni di dollari per aver utilizzato i dati degli utenti a scopo pubblicitario. La condotta illegale è stata attuata tra il 2013 e il 2019, quando l’azienda californiana ha chiesto di attivare l’autenticazione in due fattori. Twitter aveva ammesso che si è trattato di un errore.

A partire da maggio 2013, Twitter ha iniziato a chiedere agli utenti di fornire un numero di telefono o un indirizzo email per migliorare la sicurezza dell’account. Queste informazioni sono utilizzate, ad esempio, per resettare la password, sbloccare l’account o attivare l’autenticazione in due fattori. Tra il 2014 e il 2019, oltre 140 milioni di utenti hanno comunicato questi dati.

L’indagine della FTC e del Dipartimento di Giustizia ha accertano che tali informazioni sono state usate per visualizzare pubblicità personalizzate. Gli inserzionisti hanno usato numeri di telefono e indirizzi email per individuare i target dopo aver trovato le corrispondenze con gli stessi dati ottenuti da altre fonti. Twitter ha chiesto scusa per l’errore.

Oltre al pagamento della sanzione di 150 milioni di dollari, la FTC ha previsto altri obblighi. Twitter non può ottenere profitti da informazioni raccolte in modo ingannevole. L’azienda deve inoltre consentire l’uso dell’autenticazione in due fattori con metodi alternativi (ad esempio app mobile o security key) e comunicare agli utenti l’eventuale uso improprio di numero di telefono e indirizzo email.

Twitter deve anche limitare l’accesso ai dati da parte dei dipendenti, comunicare eventuali data breach alla FTC e implementare misure per garantire maggiori privacy e sicurezza. L’azienda californiana ha promesso che rispetterà le indicazioni della FTC.

Fonte: Puntoinformatico

 

Il primo Tweet da nuovo proprietario della piattaforma, Elon Musk lo ha pubblicato il 25 aprile, poche ore prima dell’ufficialità dell’acquisto: “Spero che anche i miei peggiori critici rimarranno su Twitter, perché questo è ciò che significa libertà di parola”.

Adesso cambia tutto? È la domanda che circola sul web, dopo l’acquisto di Twitter per 44 miliardi di dollari. Ora se ne parlerà tantissimo; non solo di Twitter, ma in generale di concentrazione del potere economico, possibilità di influenzare opinioni e mercati, conflitti di interesse.


Ma quando si parla di Twitter, a quali numeri ci riferiamo? La piattaforma conta 217 milioni di utenti giornalieri attivi, ma è stato annunciato un piano di crescita che mira a raggiungerne 315 milioni, e 7,5 miliardi di dollari di ricavi entro la fine del 2023 (attualmente sono fermi a 5,08). Il tempo medio trascorso su Twitter è di 3,39 minuti per sessione e la vita di un tweet nello streaming del wall oscilla dai 15 ai 20 minuti. E poi c’è il modello di business: nell’ultimo trimestre del 2021 Twitter ha registrato un utile pari a 181,7 milioni. Google si attesta sui 16,2 miliardi, Facebook 9,2 miliardi. Confronti pesanti.


Al momento la possibilità di rendere l’algoritmo di Twitter open source, ossia aperto affinché si possano capire i criteri di classificazione dei contenuti, non sembra innescare particolare interesse nelle audience monitorate.
Analizzando le conversazioni, molti pensano che sia un grave errore lasciare completa libertà d’espressione a chiunque, in qualunque modo; le piattaforme user-generated content devono necessariamente prevedere forme di moderazione dei contenuti. Già in passato gli approcci più neutri si sono dimostrati insostenibili, dovendo poi predisporre delle barriere ai contenuti più radicali, violenti e polarizzanti.
Sono scarse anche le conversazioni sulle possibili soluzioni alla proliferazione dei Bot annunciate da Musk, mentre c’è molta curiosità per capire come risponderanno le altre piattaforme social media (soprattutto Facebook) a eventuali cambiamenti delle logiche con le quali l’algoritmo cataloga e spinge i contenuti.


Siamo di fronte ad una svolta complessiva che coinvolgerà tutte le piattaforme? Una nuova modalità di organizzazione dei contenuti e della trasparenza delle indicizzazioni dei post?
Oggi un algoritmo stabilisce cosa vediamo, e con che frequenza, ma non sappiamo con esattezza su quali presupposti, né come vengono analizzati i big data. Le formula degli algoritmi sono segrete, ma gli utenti si domandano cosa potrebbe accadere se un giorno venissero aperti. Se lo farà Twitter, sarà poi una scelta obbligata per tutti gli altri?
Per il momento gli investitori che sul web si sono espressi, sono divisi nei giudizi sull’acquisizione di Musk ma il sentiment è neutrale, con una leggera prevalenza di negatività. Non sembrano spaventati da possibili rivoluzioni e guardano con interesse l’evolversi dell’operazione.

 

Fonte: Skytg24.it

 

Visto il periodo pasquale, parliamo di uova di Pasqua… no, non quelle di cioccolato, ma uova di Pasqua digitali, ma che hanno anche esse una sorpresa!

Di cosa sto parlando? Le Easter Eggs sono delle funzionalità nascoste che i programmatori inseriscono all’interno dei programmi e che non sono accessibili all’utente, a meno che non sappia come fare. Infatti, l’unico modo per ‘farle apparire’ è digitare una ben precisa combinazione di tasti all’interno del programma.

Si tratta in genere di scherzi simpatici da nerd, piccoli attimi di relax, per strappare un sorriso. La moda è cominciata negli anni Settanta con Atari: all’epoca non c’era l’abitudine di riconoscere i credit ai programmatori, pertanto, i più intraprendenti hanno rimediato infilandosi tra le pieghe del codice. Da lì in avanti, non è mai finita.

Ma attenzione: se in alcuni contesti, come quello dei videogiochi, gli easter eggs sono ormai ampiamente diffusi e accettati (quando non proprio ricercati da schiere di appassionati) in altri, come lo sviluppo di software, possono costare il licenziamento. Come a Microsoft: preoccupata per la sicurezza, la società fondata da Bill Gates li ha banditi. Vediamone un paio di Google.


• Prova a scrivere “askew” nella barra di ricerca e vedi cosa succede…
• Scrivi “Zerg Rush” e clicca su ‘Mi sento fortunato’, apparirà il gioco dei divoratori della pagina

Se vuoi vedere tutti gli easter eggs di google, vai su elgoog (google scritto al contrario).

Google e Internet per molti sono sinonimi.
La popolarità di Google è talmente grande che sono passati pochissimi anni dalla sua nascita che nella lingua inglese è nato il verbo “to google” (con il significato di “fare una ricerca sul web”).


La parola “Google” deriva da googol, termine che si riferisce a un numero rappresentato da 1 seguito da 100 zeri. L’uso della parola probabilmente riflette proprio la volontà della società Google, di organizzare l’immensa quantità di informazioni che su Internet è disponibile.


Il motore di ricerca Google nasce ufficialmente il 27 settembre 1998 (la società viene invece fondata il giorno 4 settembre): padri della creatura che avrebbe rivoluzionato il World Wide Web sono Larry Page e Sergey Brin. I due ragazzi sono ancora degli studenti presso la prestigiosa Università di Stanford quando sviluppano la teoria secondo cui un motore di ricerca basato sull’analisi matematica delle relazioni tra siti web avrebbe prodotto risultati migliori rispetto alle tecniche empiriche usate fino a quel momento.
In base a principi di “teoria delle reti”, convinti che le pagine citate con un maggior numero di link siano le più importanti e meritevoli, decidono di approfondire la loro teoria all’interno dei loro studi, ponendo di fatto le basi per quella che sarà la loro attività futura.
Armati di pazienza ed entusiasmo i due giovani iniziano a esplorare le stanze universitarie nella speranza di trovare computer da poter prendere in prestito per costruire una grande rete. Larry (già esperto di elettronica, in quel periodo noto tra gli studenti per aver costruito una stampante utilizzando mattoncini Lego) assume il compito di creare un nuovo tipo di ambiente server che utilizzi comuni personal computer al posto di costosissimi server carrozzati. Sergey intanto apre un ufficio vendite in cerca di acquirenti.
Larry e Sergey lavorano per tutta la prima metà del 1998 perfezionando la loro tecnologia. Comprano hard disk vari a prezzi stracciati e costruiscono il loro computer nella camera di Larry (che può quindi essere considerato il primo data center di Google!).
Tra i primi potenziali clienti che Sergey contatta c’è David Filo, amico e fondatore di “Yahoo!”. Filo concorda appieno con la missione del progetto ma spinge i due a svilupparla da soli senza tentare di venderla ad altri. Considerati gli sforzi per tentare di contattare altri motori di ricerca esistenti a cui vendere la nuova tecnologia, e considerate le scarse attenzioni ricevute non resta loro che provarci da soli.
Google Inc. apre in un garage a Menlo Park, California. Già in questo periodo google.com, in fase beta, risponde a 10.000 interrogazioni al giorno. La stampa inizia a notare questo motore con risultati davvero rilevanti: articoli molto positivi cominciano ad apparire sui vari giornali non solo di settore.


Il sito-motore che in quanto a semplicità ha fatto scuola (un logo, una casellina di ricerca e un pulsante) cresce in fretta: nel febbraio del 1999 gli angusti spazi di Menlo Park cedono il passo a favore di un ufficio sulla University Avenue di Palo Alto. Google conta ora 8 impiegati e 500.000 interrogazioni al giorno. Come ci si aspetta in questi casi anche l’interesse verso la compagnia cresce.
Presto la società era diventata talmente grande che richiedeva ancora una volta una nuova sede. Il quartier generale della società diventa Mountain View in California, nel cosiddetto “Googleplex”.
Alla fine del 2000 Google risponde a 100 milioni di interrogazioni al giorno; arriva il momento di cercare nuovi modi per dare accesso ai propri contenuti dove e quando gli utenti lo vogliano.

Intanto la strategia d’espansione dell’azienda si è evoluta verso altri ambiti; non soffermandosi alla sola catalogazione del web, ha prodotto (o comprato aziende già esistenti che producevano) servizi di varia natura, dalla gestione della posta elettronica (GMail) ai video (YouTube, acquisito nel 2006) fino a un nuovo modo di fare pubblicità (AdSense con AdWords) che permette di mostrare su un sito annunci pubblicitari pertinenti ai contenuti del sito stesso.

Sempre più analisti nel mondo credono che il conflitto in corso tra Russia e Ucraina porterà ad un cambio drastico del sistema monetario mondiale, minando il ruolo del dollaro come riserva di valuta mondiale. Un dirigente di Credit Suisse, ha affermato che le sanzioni economiche messe in campo contro la Russia dal mondo occidentale hanno reso più attraente un sistema di transazioni finanziarie decentralizzato come Bitcoin.

“Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo sistema monetario mondiale, incentrato sulle valute basate sulle materie prime (anziché sul debito), che probabilmente indebolirà il sistema eurodollaro e che svilupperà una grande inflazione in Occidente” ha affermato Pozsar. Secondo il dirigente, l’aumento dei prezzi delle materie prime e la discesa di valore del mercato azionario, scatenati dal conflitto in corso, potranno affermare Bitcoin come bene di rifugio che sopravvivrà a questo periodo di tensioni globali giovandone: “‘Il denaro’ non sarà mai più lo stesso e Bitcoin probabilmente trarrà vantaggio da tutto questo”.

La Cina invece, afferma Pozsar, avrà due modi per proteggere i propri interessi: vendere buoni del Tesoro o stampare renminbi per acquistare materie prime russe. Pozsar prevede che entrambi gli scenari porteranno a rendimenti obbligazionari più elevati e maggiore inflazione in Occidente.

“Quando questa crisi (e guerra) sarà finita, il dollaro USA sarà molto più debole e, al contrario, il renminbi molto più forte, sostenuto da un paniere di materie prime”, ha scritto Pozsar. “Dopo che questa guerra sarà finita, il ‘denaro’ non sarà più lo stesso e il Bitcoin probabilmente trarrà vantaggio da tutto questo.”

Il conflitto in corso potrebbe portare alla ridefinizione del sistema economico mondiale e del modo in cui vengono gestiti i rapporti finanziari tra i vari paesi del globo. Grazie alle sue uniche proprietà e ad un’adozione ormai innescata e non più arrestabile, Bitcoin potrà emergere come alternativa al sistema economico attuale, salvaguardando le persone dall’inflazione galoppante e permettendo ai paesi di regolare le transazioni transfrontaliere con uno strumento libero e apolitico.

Come forse hai notato, il tema caldo del momento è il METAVERSO. Continuiamo a parlarne anche in questo blog. Da Coca-Cola che ha tenuto un evento l’anno passato, a Sotheby’s che vi ha creato una galleria d’arte (ovviamente di NFT). Da Samsung che ci ha costruito un suo negozio, a VICE Media che ha invece edificato un quartier generale digitale. Ogni giorno che passa, cresce il numero di brand che decidono di sbarcare su Decentraland: il mondo virtuale basato su blockchain che si sta rivelando uno dei protagonisti della grande corsa al metaverso.

L’hype che circonda il metaverso in generale, e Decentraland in particolare, è talmente elevato che l’ultima azienda che ha deciso di tenere qui un suo evento – vale a dire Heineken – l’ha dovuto fare in chiave autoironica per differenziarsi dalla concorrenza, sottolineando come il suo “birrificio del metaverso” produca una birra “che nessuno può gustare” e accompagnando il tutto con l’hashtag #awesomeheinekenmarketingstunt. Ma che cos’è Decentraland? 

Si tratta di uno spazio virtuale nel quale gli utenti possono comprare le ‘land’ cioè appezzamenti di terreno. Ogni land è un NFT, in quanto è unica e unico è il suo proprietario. Le land quindi sono beni infungibili. Per pagare queste land bisogna acquistare dei MANA, che sono il token di Decentraland. MANA, invece è un token fungibile, in quanto è come se fosse una valuta. Decentraland è in sostanza una piattaforma decentralizzata basata sulla Blockchain Ethereum e che dà vita a un mondo digitale, in cui gli iscritti possono creare esperienze e contenuti. A fine dicembre 2021 gli utenti registrati erano più di 800.000 e quelli attivi mensili erano poco meno di 500.000.

Una delle applicazioni che sfrutta al meglio l’intelligenza artificiale è sicuramente il riconoscimento facciale. Si basa sulle reti neurali artificiali, modelli matematici composti da neuroni artificiali che si ispirano al funzionamento biologico del cervello umano. Il Sistema Automatico di Riconoscimento Immagini, SARI, è un sistema utilizzato dalle forze dell’ordine italiane.

Il database di Sari, spiegano gli esperti della Polizia, racchiude 16 milioni di volti riconoscibili dagli algoritmi di riconoscimento facciale. Ciò non significa, puntualizzano, che siano 16 milioni di persone schedate: ogni individuo può avere più foto. E poi cosa importante: nel database non ci sono foto di persone comuni che ad esempio vanno a fare la spesa, bensì di individui che hanno commesso reati e quindi noti. Basta inserire l’immagine della persona cercata all’interno della banca dati e Sari dopo un veloce calcolo restituirà un elenco di soggetti somiglianti al volto cercato. Bisogna specificare, inoltre, che affinché il risultato ottenuto possa avere una valenza in fase dibattimentale, è comunque necessaria una comparazione fisionomica effettuata da personale specializzato della Polizia Scientifica. 

Esiste un altro sistema di riconoscimento automatico, si chiama Sari Real Time, e affianca il SARI. Attualmente non è in funzione perché ancora in fase di perfezionamento. In questo caso verranno analizzati i volti provenienti da flussi video come le telecamere di videosorveglianza e, assicura la Polizia, verrà utilizzato solo in situazioni ben determinate e specifiche, come ad esempio nel caso di un evento calcistico per controllare il flusso delle persone. Quello che si spera di implementare in futuro è l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel contesto degli identikit, al fine di ottenere immagini più realistiche e che possano essere ricercate nei sistemi, con una tecnologia che non sarà troppo diversa, per fare un esempio, di quella utilizzata oggi in applicazioni tipo FaceApp.

 

Fonte: Skytg24.it

 

Uno dei principali argomenti di dibattito odierno è quello che riguarda il Metaverso e quali siano le sue implicazioni per il mondo di Facebook e più in generale per il mondo dell’e-commerce e del retail.

Come abbiamo visto durante le restrizioni, le aziende stanno adottando un’enfasi sull’e-commerce e sul cambiamento virtuale, e stiamo anche vedendo che le aziende iniziano a cambiare ulteriormente man mano che il mondo digitale si avvicina alla realtà.

Con un numero sempre maggiore di utenti Internet che trascorrono più tempo online che mai e le piccole imprese colpite da tempi difficili, è tempo di ripensare al modo in cui ci connettiamo con il nostro pubblico; di conseguenza è necessario considerare le nuove possibilità, come il metaverso. Infatti ai giorni nostri, rivendicare e mantenere la presenza online è assolutamente fondamentale per le PMI. Per fare questo, nel futuro prossimo, potrebbe essere necessario acquistare delle attività sul Metaverso; gli investimenti nel nuovo mondo virtuale di Mark Zuckerberg sono al centro dell’interesse di molti grandi marchi.

Recentemente il fondo d’investimento Tokens.com ha effettuato il più grande acquisto di terreno nella storia del mondo virtuale di Meta (ex Facebook), con una spesa di svariati milioni di dollari.

Difatti l’esborso esatto pare sia stato di 2,4 milioni di dollari per l’acquisto di terreno virtuale di un’estensione pari a 6000 metri quadri; un investimento di tutto rispetto per un mondo ancora da esplorare.

Alla luce di questo investimento si può stimare un prezzo di 400 dollari al metro quadro. Di conseguenza per avere un’idea del costo della propria attività si deve calcolare la metratura richiesta dal nostro shop; a questo andranno aggiunte le eventuali spese (il costo calcolato infatti è quello per il mero terreno).

Al momento quindi non sembra un investimento da prendere sottogamba per una piccola impresa o per i proprietari di un negozio. Un calcolo con maggiori input unito alle valutazioni specifiche del proprio business plan potranno rendere più chiaro se un passo del genere possa essere fruttuoso. 

 

Fonte: Computermagazine.it

 

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