Le criptovalute hanno permesso all’Ucraina di ottenere fondi per l’attuale emergenza umanitaria, in modo efficiente e sicuro. Secondo Alex Bornyakov, vice ministro ucraino presso il Ministero della Trasformazione digitale, l’Ucraina ha ricevuto un totale di quasi 100 milioni di dollari in donazioni cripto.

Parlando in una conferenza online intitolata “Digital Resistance: How Ukraine Is Leveraging Technology to Fight for Freedom”, Bornyakov ha affermato che oltre 60 dei 100 milioni di dollari in cripto sono stati ricevuti nel fondo principale gestito da Kuna, un exchange di criptovalute ucraino.

CoinDesk ha intervistato il viceministro Bornyakov chiedendogli se il presidente ucraino Zelensky avesse un’opinione sul ruolo delle criptovalute nella guerra, Bornyakov ha affermato che Zelensky “condivide la nostra visione” secondo cui le criptovalute potrebbe essere una “svolta dal punto di vista economico”.

Anche in Russia, esclusa dal circuito SWIFT e dalle società di pagamenti PayPal, Visa e MasterCard, alcuni cittadini puntano alle criptovalute per salvaguardare i propri capitali, alla luce del crollo di valore della loro moneta. I dati della società di analisi Blockchain Kaiko mostrano che il volume degli scambi di Bitcoin, denominati in rubli, è salito al livello più alto da 9 mesi.

Uno scenario di questo tipo era prevedibile, in quanto sia in Ucraina che in Russia l’adozione delle criptovalute è piuttosto alta: “L’adozione e l’alfabetizzazione delle criptovalute sono elevate sia in Ucraina che in Russia, classificandosi rispettivamente al 4° e 18° posto nell’indice globale di adozione di criptovalute di Chainalysis. Pertanto, potremmo aspettarci che i cittadini si rivolgano alle criptovalute di fronte alla svalutazione della valuta”, ha affermato Chainalysis.

Inoltre, secondo l’ultimo rapporto settimanale della società di analisi Arcane Research, il primo giorno dell’invasione, il volume reale di scambi giornalieri di Bitcoin è salito al di sopra dei 10 miliardi di dollari: la cifra più alta registrata dal 4 dicembre.

Il termine “volume di scambio reale” si riferisce a dati provenienti da exchange ritenuti affidabili e privi di attività di trading manipolate.

 

Fonte: Cointelegraph, Coindesk

 

Una criptovaluta è una moneta elettronica basata su Blockchain.

Ogni criptovaluta deve avere un suo registro delle transazioni (detto anche ledger), così quindi ad esempio Bitcoin ha la sua Blockchain, Ethereum ha la sua Blockchain, ecc.

Una volta creato il ledger, però, bisogna emettere i token, ovvero i ‘gettoni’, o se preferisci dei ‘buoni’, che vengono effettivamente scambiati tra gli utilizzatori della criptovaluta, ed i cui scambi saranno transazioni memorizzate sul registro distribuito (ovvero sulla blockchain). Ad esempio bitcoin, abbreviato BTC, è il token della blockchain Bitcoin ed è anche considerata una criptomoneta. Il protocollo Bitcoin prevede il conio di 21 milioni di BTC totali nel tempo, non uno in più. Ad oggi siamo arrivati a quota 19 milioni. 

Tuttavia, grazie agli Smart Contract basati su Ethereum è stato possibile per chiunque emettere dei propri token e distribuirli con un’asta, cosiddetta ICO (Initial Coin Offer). In tal modo è stata creata una netta distinzione tra i token che non hanno un registro proprio, ma utilizzano quello di un’altra coin, e quelli delle criptomonete che invece hanno un proprio registro. Insomma, chiunque può creare il proprio token utilizzando una blockchain già esistente.

Pertanto, i token delle criptovalute che hanno un proprio registro, come Bitcoin, vengono chiamati criptomonete (o cripto, crypto, coin, ecc.), mentre le monete che vengono emesse sui registri di altre criptomonete vengono chiamati semplicemente token. Le criptovalute più tradizionali, come Bitcoin, hanno un registro completamente pubblico su cui chiunque può consultare tutte le transazioni che sono state registrate nel tempo fin dalla nascita. Chiunque può conoscere saldi e movimenti di chiunque in bitcoin. L’identità però non è data da nome e cognome, ma da un codice, detto chiave pubblica.

La maggior parte dei token vengono emessi sulla blockchain di Ethereum, con il formato ERC20, e sebbene siano memorizzati sulla blockchain di Ethereum non hanno nulla a che fare con la coin nativa di questa rete, ovvero Ether (ETH). Infatti, bisognerebbe distinguere tra la coin Ether e la rete Ethereum, che non sono la stessa cosa. 

Emettere un nuovo token al giorno d’oggi non è complicatissimo, perché in teoria basta scrivere un apposito smart contract ad esempio sulla rete Ethereum. Non che sia un gioco da ragazzi, ma se si hanno delle buone basi di sviluppo è alla portata di chiunque. Creare una nuova coin invece è molto più complesso, perché bisogna elaborare un nuovo protocollo, realizzare la catena a blocchi, assicurarsi di avere sufficiente hardware per poterla far girare correttamente e, non meno importante, sperare che qualcuno la usi. I token, invece, sfruttando una blockchain già esistente, sono più semplici da emettere.

Fonte: https://medium.com

INFORMARTI E RACCOGLIERE INFORMAZIONI

Puoi fare ricerche e leggere giornali. Qualsiasi informazione ti serva, puoi reperirla comodamente sul web in pochissimi secondi. Gli orari della posta, il numero della pizzeria d’asporto in centro città, le previsioni meteo, la cronaca, la politica. Proprio tutto. Si tratta di un’operazione semplicissima, che diventerà presto un’abitudine. I vecchi giornali di carta serviranno solo nel momento di ritinteggiare casa!

 

CREARE DOCUMENTI

Lascia stare carta e penna e crea qualsiasi tipo di documento con mouse e tastiera: modelli, lettere, brochure, biglietti, presentazioni… Con il computer puoi creare file di ogni tipo. Per questo ti basterà prendere confidenza con i programmi di video scrittura come Microsoft Word, di calcolo come Excel o di presentazioni come PowerPoint. Semplici ma potenti, ti servirà un po’ di pratica, ma vedrai che risultati!

 

PUOI CERCARE UN NUOVO LAVORO

Oggi la ricerca del lavoro si svolge quasi totalmente online. Le aziende pubblicano le loro offerte su particolari siti web e le agenzie interinali cercano i candidati su siti come Linkedin. Non saper fare queste operazioni ti taglierebbe le gambe già in partenza.

 

PUOI FORMARTI

Il WEB è una miniera di informazioni di ogni tipo. Puoi trovare video corsi di qualunque cosa, spesso gratis o altre volte a prezzi molti bassi. Investire il proprio tempo nell’imparare delle competenze che ci piacciono e ci facciano crescere è un ottimo modo per impiegare le nostre capacità intellettive.

 

PUOI INTERAGIRE CON LE ISTITUZIONI E GLI ENTI

Dal banale, pagare le bollette ad accedere con lo SPID ai siti governativi per richiedere tessere e documenti. Scordati le lunghe file di attesa con il numerino, ora puoi fare tutto seduto comodamente a casa tua!

 

PUOI FARE AFFARI

In Internet puoi vendere e comprare e parlo di qualunque cosa (lasciamo stare le cose illegali!) Quante cose che vanno in discarica potrebbero riprendere vita nelle mani di qualcun altro? Non solo, ma facendoci fruttare anche qualche soldino che non farebbe di certo male. Esistono siti come Subito.it, Ebay, SecondaMano, utili per inserire annunci di qualsiasi oggetto vogliamo disfarci.

 

PUOI FARE CONOSCENZE O RESTARE IN CONTATTO

Sicuramente sai cosa sono i social network e che grande opportunità ci danno. Possiamo conoscere nuove persone, entrare in gruppi che ci interessano, sentire le opinioni degli altri e dare le nostre. Possiamo anche ricercare delle persone che non sentiamo da tempo e magari abbiamo perso i contatti. Fino a vent’anni anni fa, tutto questo era fantascienza e, ripeto, parlo di soli venti anni!

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Ultimamente, a causa delle diverse quarantene, molte persone hanno approfittato a utilizzare il computer, cimentandosi magari per  la prima volta in modo timido e con cautela. Questo, per rimanere connessi con i famigliari, per fare la spesa o più semplicemente per approfittare in modo intelligente del tempo chiusi in casa.

Ma a volte ci si scontra con una normale incapacità iniziale, che è la norma in ogni processo di apprendimento umano. E questa incapacità causa molta frustrazione e confusione.

Vediamo quali sono le tre resistenze principali:

 

Non ne vedi i vantaggi

Se hai vissuto finora senza l’aiuto del digitale, è normale che non lo trovi utile; dopotutto, finché non esisteva non ne hai mai sentito la necessità, vero? Molti pensano che se finora non hanno utilizzato le nuove tecnologie, “perché dovrebbero iniziare proprio ora?” e scartano l’idea. Qui è importante avere una mente aperta, per accogliere delle nozioni che, a prima vista, sembrano essere solo delle inutili complicazioni.

 

Mancanza di aiuto

Per molte persone, il problema principale è che non c’è nessuno che le aiuti a comprendere e utilizzare le complesse funzionalità delle tecnologie moderne. Certe cose sono semplicissime e naturali per i più giovani, ma non sono altrettanto facili da insegnare. Inoltre, come spesso succede, quando una persona più giovane cerca di spiegare a una più grande come funziona una nuova tecnologia, una delle due finisce per esasperarsi e abbandonare il tentativo. Adattarsi alle tecnologie di oggi senza il livello necessario di assistenza e preparazione è complicato per chiunque. Su Internet c’è di tutto, libri, video, blog, forum, corsi e chi più ne abbia più ne metta. Ma questo marasma non fa altro che generare ulteriore confusione nella testa delle persone, che non riescono a seguire un percorso strutturato.

 

È difficile abbandonare le vecchie abitudini

Ebbene sì, dopo tanti anni, le abitudini sono molto radicate. Alcuni di voi potrebbero aver passato i loro primi 30 o 40 anni utilizzando un telefono con fili o guardando sempre gli stessi pochi canali TV. Probabilmente, la vostra principale fonte di notizie è ancora il quotidiano e il telegiornale o lo è stata fino a poco fa. Infine, può anche darsi che ti identifichi con la frase “se funziona, perché cambiarlo?” e l’idea di dover imparare nuove e complesse abilità non ti alletta particolarmente.

Anche se sembrano tutti buoni motivi, in realtà… non lo sono! La tecnologia sta avanzando rapidamente, neanche vent’anni anni fa gli smartphone e Google non esistevano neppure! Le opportunità che ci vengono date oggi sono impensabili fino a pochi decenni fa. Certo, questo può generare confusione e lo capisco, ma non lasciarti intimorire perché con un giusto percorso didattico, chiunque, e ripeto chiunque, può imparare come funzionano le nuove tecnologie informatiche.

Ora che sai tutto questo, perché non prendi in considerazione di seguire un vero video corso di informatica pensato e realizzato per i principianti? Dai uno sguardo anche ai libri che ho pubblicato, troverai sicuramente qualcosa che vada bene per iniziare. Torna a ‘Risorse’.

Il conflitto tra Ucraina e Russia ha evidenziato, qualora ce ne fosse ancora il bisogno, l’importanza dei social network, soprattutto come vettore di propaganda per diffondere notizie e materiale audio-video in maniera istantanea. Non è la prima volta che questo accade, vedi ad esempio la Primavera Araba. Un ‘gigante’ come Elon Mask, che non ha bisogno di presentazioni, ha twittato:

“Starlink service is now active in Ukraine. More terminals en route.”
— Elon Musk (@elonmusk) February 26, 2022

Ossia, Starlink è ora attivo in Ucraina, altri terminali in arrivo.

Ma che cos’è Starlink?


In sostanza, Starlink è un sistema di connessione Internet satellitare in grado di far arrivare la banda ultra-larga a bassissima latenza in ogni angolo del pianeta. Per banda larga si intende una connessione molto veloce, mentre la latenza è il tempo medio di attesa per ottenere un dato.
Il sistema, però, non è ancora completato ed è attualmente in fase di implementazione. Si basa su una flotta di ben oltre 2mila satelliti (l’obiettivo è arrivare a 12mila) collocati nell’orbita terrestre. Il servizio di Internet Starlink si distingue dalle attuali offerte Internet soprattutto per i tempi di latenza. Se infatti le attuali tecnologie arrivano a latenze ci centinaia di ms., il tempo di latenza di Starlink si dovrebbe aggirare intorno ai 25-35 ms. Questo vuol dire informazioni più veloci e servizi di alta qualità. Con Starlink, dunque, la popolazione ucraina avrà accesso a una rete Internet satellitare decisamente più veloce e stabile di quella regolare. E questo la Russia non potrà impedirlo. In Ucraina, infatti, dopo l’invasione russa, sono state denunciate crescenti problematiche di connessione alla Rete.

Gli NFT o Not Fungible Token sono diventati da un anno a questa parte una moda trascinante. Molti ne parlano e li esaltano. Ma di cosa si tratta? Anzitutto dobbiamo capire che vuol dire infungibile.

Se io ho dieci euro e anche tu hai dieci euro, ce le possiamo scambiare senza problemi. Entrambi avremmo sempre la stessa somma. In tal caso si dice che un bene è fungibile, cioè può essere sostituito. Un NFT invece no. Se io ne posseggo uno, vuol dire che è di mia proprietà ed è unico al mondo. Certo, lo posso sempre vendere, ma in quel caso lo perderei per sempre, non ne esisterà mai uno uguale.

Bene, ti starai chiedendo, ma di cosa si tratta in croncreto? Un NFT può essere qualsiasi cosa rappresentabile in digitale, ad esempio un video, una foto, un documento, una canzone. Ma non è tutto, grazie alla tecnologia della blockchain, ognuno di questi elementi è corredato da una specie di  certificato che attesta chi sia il proprietario e quanto l’ha pagato. In realtà non viene tracciato il nome del proprietario, ma solo un ID, da cui non è possibile risalire all’identità reale.

Ma perché io dovrei pagare (a volte tanto) per possedere un’immagine? Bella domanda, ma sai una cosa? Negli anni ’90, Internet stava sorgendo e ricordo che la gente diceva: “Ma a che mi serve connettermi con un altro pc”, oppure: “Io non comprerei mai niente online, sai che fregature!”.

Sappiamo tutti com’è è andata… anche oggi c’è chi dice che gli NFT saranno il futuro, chi pensa sia una bolla. Ma pensa ai possibili scenari, ad esempio un quadro famoso che viene spezzettato (digitalmente ovvio!) in tante parti, le quali possono essere acquistabili in un mercato. Il museo guadagnerebbe davvero tanto. Tu compreresti un pezzettino della Gioconda? Ripeto, è una tecnologia recentissima e non abbiamo uno storico per poterne prevedere l’evoluzione, ma considerando l’andamento della tecnologia blockchain, del bitcoin e della finanza decentralizzata, non sono pochi a scommetterci su.

Uno dei primi progetti, anno 2017, furono i CryptoPunk, 10 mila NFT unici. Vuoi sapere come è andata? Alcuni di questi sono stati venduti per centinaia di migliaia di euro! Ripeto, quale pazzo spenderebbe tanto per dele figurine? La mia risposta è: chi crede che quell’NFT si apprezzi ancora di più nel tempo. Tu che ne pensi?

L‘ultimo periodo è stato, sappiamo bene, caratterizzato da un forte alternanza di lavoro casa-ufficio. Questo ha spinto molte imprese a intraprendere o potenziare la sicurezza informatica.

Solo nel 2021 la spesa per la sicurezza informatica, detta anche cybersecurity, ha toccato qualcosa come 1,55 miliardi di euro, con un incremento del 13% rispetto all’anno precedente, una crescita del comparto che non ha precedenti nella storia. In Italia, però, il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL restamolto modesto (0,08%), all’ultimo posto tra i Paesi del G7. Ma, perlomeno, il nostro paese è, insieme al Giappone, l’unica nazione a non aver registrato una flessione nell’ultimo anno.

I dati sono di una ricerca dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano, presentata al convegno “Cybersecurity: don’t look up”. Crescono costantemente anche le minacce (1053 incidenti gravi nel primo semestre del 2021, +15% rispetto al primo semestre 2020, secondo i dati Clusit). È in atto una vera e propria guerra digitale, in cui la sicurezza informatica è diventata una delle principali spese di budget, non solo nelle grandi imprese, ma anche nelle piccole realtà. Basti pensare che un attacco hacker può portare alla perdita di tutte le informazioni di un’azienda. Un danno che potrebbe essere irreparabile.

Ma il primo passo da fare per le organizzazioni è accrescere la consapevolezza dei dipendenti sulle minacce informatiche. Infatti, la maggior parte degli attacchi sono favoriti da comportamenti sbagliati dei dipendenti, che prendono troppo alla leggera il tema sicurezza. È stata da poco introdotta l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), verso cui le imprese si stanno dimostrando molto disponibili: il 17% ha già stabilito la volontà di collaborare con l’Agenzia, mentre più di metà di esse è in attesa di linee guida e indicazioni.

Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection, evidenzia come “Il mercato del cybercrime corre veloce, con nuove tipologie di attacco sempre più sofisticate. Le organizzazioni non devono abbassare la guardia, ma muoversi elaborando una strategia a lungo termine per la sicurezza informatica”.

Fonte: Rai News

Il calcolo ad alte prestazioni è necessario per un numero sempre crescente di compiti – come l’elaborazione delle immagini o varie applicazioni di deep learning su reti neurali – in cui si deve processare immense quantità di dati in tempi ragionevoli. È quindi evidente che si debba trovare un compromesso in questo tipo di operazione, tra velocità e affidabilità dei calcoli. Se si dà priorità all’affidabilità del risultato, allora questo andrà probabilmente a scapito della velocità e viceversa.

Ultimamente un team di ricercatori, basato principalmente al MIT, sta mettendo in discussione questo paradigma, sostenendo che si può, in qualche modo avere entrambe le caratteristiche. Hanno, infatti, messo a punto un nuovo linguaggio di programmazione scritto appositamente per il calcolo ad alte prestazioni, dice Amanda Liu, una studentessa del dottorato al secondo anno presso il MIT Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory (CSAIL), “la velocità e la correttezza non devono competere fra loro, escludendosi a vicenda, ma possono essere entrambi ottenuti grazie ai programmi che scriviamo”.

 

Liu – insieme al dottor Gilbert Louis Bernstein dell’Università della California a Berkeley, al professore associato del MIT Adam Chlipala e al professore assistente del MIT Jonathan Ragan-Kelley – ha descritto il potenziale della loro recente creazione, “A Tensor Language” (ATL), presentandola il mese scorso alla conferenza Principles of Programming Languages a Philadelphia.

 

“Nel nostro linguaggio”, dice Liu, “il punto centrale è il ‘tensore’”. I tensori sono generalizzazioni di vettori e matrici. Mentre i vettori sono oggetti unidimensionali (spesso rappresentati da frecce) e le matrici sono familiari matrici bidimensionali di numeri, i tensori, invece, sono matrici n-dimensionali, che potrebbero assumere la forma di una matrice 3x3x3, per esempio, o qualcosa di dimensioni ancora maggiori. Questo è un concetto già conosciuto in geometria.

 

Lo scopo di un algoritmo o programma del computer è quello di avviare una particolare computazione. Ma, attenzione, lo stesso algoritmo può essere risolto in molti modi diversi.  “Una sconcertante varietà di diverse realizzazioni di codice”, afferma Liu, “e alcuni notevolmente più veloci di altri”. La motivazione principale dietro ATL è questa, spiega: “Dato che il calcolo ad alte prestazioni è così impegnativo in termini di risorse, si vuole essere in grado di modificare, o riscrivere, i programmi in una forma ottimale al fine di accelerare le cose. Spesso si inizia con un programma che è più facile da scrivere, ma che potrebbe non essere il modo più veloce per eseguirlo, così che sono necessari ulteriori aggiustamenti”.

Come esempio, supponiamo che un’immagine sia rappresentata da una matrice 100×100 di numeri, ognuno corrispondente a un pixel e si vuole ottenere un valore medio per questi numeri. Questo potrebbe essere fatto in due fasi distinte, determinando prima la media di ogni riga e poi ottenendo la media di ogni colonna. ATL permette di convertire tale calcolo in due fasi in un processo molto più veloce.

 

“Possiamo garantire che questa ottimizzazione dia dei risultati corretti utilizzando qualcosa chiamato assistente di prova”, dice Liu. A tal fine, il nuovo linguaggio del team si basa a sua volta su un linguaggio esistente, Coq, che contiene un sistema particolare che ha la capacità intrinseca di dimostrare le sue asserzioni in modo matematicamente rigoroso.

ATL è il primo, e finora l’unico, linguaggio che usa tensori e con ottimizzazioni formalmente verificate. Liu avverte, tuttavia, che ATL è ancora solo un prototipo – anche se promettente – che è stato testato su una serie di piccoli programmi. “Uno dei nostri obiettivi principali, guardando al futuro, è quello di migliorare la scalabilità di ATL, in modo che possa essere utilizzato per i programmi più grandi che vediamo nel mondo reale”, dice.

Quantificare il consumo elettrico per la produzione dei bitcoin non è un’operazione semplice. Tuttavia, una recente stima parla di qualcosa come 80 Terawatt/h di elettricità (fonte: Statista). Questo numero così ci dice poco, ma per fare un esempio più concreto:
“il solo network di Bitcoin consuma in un anno lo stesso consumo di energia di una nazione come il Cile.”


Invece, l’impronta ecologica di Bitcoin, misurata in emissioni di CO2, sfiora i 37 Milioni di Tonnellate di CO2 all’anno (dati di Digiconomist). “Si parla di un impatto ambientale di una nazione come la Nuova Zelanda.”


Ultimamente, però, stiamo assistendo a un ribilanciamento delle fonti di energia verso quelle rinnovabili, infatti molte mining farm, soprattutto negli Stati Uniti, tendono a stabilirsi vicino alle fonti energetiche più economiche, come le centrali idroelettriche. Se però è vero che da un lato queste centrali sono sostenute dall’uso di energia rinnovabile, dall’altro, tolgono questa energia alle comunità locali, creando contrasti con le Autorità. In Cina, dove invece l’inquinamento delle fabbriche di mining è addirittura maggiore, il governo Federale ha vietato completamente le attività di mining, perché troppo inquinante per l’ambiente.


Tuttavia, vanno considerati diversi aspetti. Le criptovalute come bitcoin offrono dei vantaggi enormi rispetto alla finanza tradizionale, in termini di velocità, costi e sicurezza. In secondo luogo, bisogna sempre comparare questi numeri con quelli relativi al nostro sistema bancario, che di certo non è gratis: consuma infatti anch’esso tanta energia per funzionare.
Insomma, la questione è ancora aperta, ma considerando come questo aspetto viene affrontato, credo che la situazione tenderà sicuramente a migliorare in un futuro molto prossimo.

Sai cos’è un supercomputer? No, non è il computer di Superman… parliamo di calcolatori con una capacità di calcolo estremamente elevata, in generale progettati per lavorare in contesti specifici, in cui è necessario una potenza fuori dal comune, come la meteorologia, la biologia, la fisica quantistica e tanti altri (perfino il gioco degli scacchi).
 
Le loro caratteristiche tipiche sono una potenza di calcolo stratosferica, appunto, dei software scritti ad hoc e un costo estremamente considerevole, tanto che vengono creati solo per le maggiori università, i centri di ricerca privati e le grandi aziende. I principali paesi che si contendono il primato in questo settore sono storicamente due, gli USA e la Cina.
 
E l’Italia? Come siamo messi qui?
Non male devo dire… È della scorsa settimana la notizia dell’uscita di DAVINCI-1, il nuovo supercomputer tutto tricolore, installato a Genova e di proprietà della Leonardo (Finmeccanica per intenderci).
Sarà composto da una batteria di 100 moduli di supercalcolo, per una potenza di calcolo complessiva superiore a 5 PetaFlops. Ora, 5 PetaFlops sono 5000000000000000 operazioni al secondo, un numero fuori dalla portata di un qualsiasi nostro pc. Il suo hard-disk è capace di memorizzare 20Pbyte (20 milioni di Gigabyte). Per darti un’idea veloce sarebbero circa due milioni di film ad alta risoluzione.
Il nome DAVINCI-1 è perfetto, in quanto, spiegano in una nota, ha il duplice omaggio al genio del Rinascimento e alla società stessa.
Resta il fatto è che è già fin d’ora un simbolo di innovazione tecnologica e sviluppo per il nostro Paese, che adesso più che mai deve puntare su tecnologia e innovazione nella delicata fase della ricostruzione postpandemica. Davinci-1 è già finito tra i primi 100 supercomputer al mondo, secondo la classifica TOP 500, e sul podio del settore A&D (Aerospazio & Difesa).